Ficca il dito nella piaga.


 Efrem. Un anno che manca, e manca pure tanto cazzo. 

Ne abbiamo lette di cose, viste di rose. Chissà quante risate ti fai da dove sei, e ora che scrivo pure io ti faccio ridere un po' anche di me. 

Parto da quando siamo stati a cena, e tra il serio ed il meno serio, che sempre seri pur siamo, in mezzo a un ragionamento dotto tra altre persone ti chiedo, cercando di spiazzare gli astanti " ma si puo' fotografare perchè non hai un cazzo di meglio da fare?".

Pensavo di essere un po' troppo fuori dalle righe, anche se solitamente ci sto e ci sto pure bene. Mi guardi, serio, e mi dici "certo che si può, Tenco si innamorava per lo stesso motivo, figurati se non possiamo fotografare". 

Efrem è stato un po' sta cosa qua, risposte serie a domande serie. Anche quando serie non sono, o forse lo sono anche quando non lo sono. 

Il mio maestro, il mio punto di riferimento. Il maestro di tante e tanti, ma qui scrivo io, quindi con tanto rispetto ci metto l'Efrem mio, e le altre e gli altri facciano la loro parte. Se vogliono.

Certi uomini hanno uno spessore che li rende scomodi. E non si tratta di una definizione che rimanda ad una mia opinione, non si parla di migliori o peggiori ( e di certo per me scomodo è un valore positivo), ma per caratteristiche relative all'etica, e soprattutto alla visione della vita, di certo appaiono a volte intransigenti se non addirittura incazzati. Diventano alibi e scusa. Diventano lo specchio. Efrem era uno specchio per molti. 

Quando l'opportunità, la furberia, il trucco o l'escamotage si riflettono nello specchio vedono solo quello che sono. E allora possono fare tre cose: osservarsi e poi staccare lo sguardo con più consapevolezza di prima; guardare dall'altra parte; staccare lo specchio dalla parete e riporlo in soffitta.

Ma alcuni specchi puoi anche metterli da parte, altri puoi solo evitarli. Ma uno sguardo, se se ti ci sei di  sfuggita riflesso, non lo scordi più. 

Efrem non la faceva facile. Mai. semplicemente perchè facile non è. " come si fa un ritratto?" e lui ti risponde " che donna cerchi?". "Come fotografo per la strada?" e lui "che utopia hai? qual'è la tua visione del mondo?".

A volte non ti dava le risposte, ma ti poneva una domanda. Ti metteva in crisi, e per farlo si metteva lui stesso per primo in crisi. 

Quanti si saranno trovati per una volta a mostrargli una foto. E vivere i due, tre, cinque minuti di silenzio intervallati dai suoi suoni di riflessione. "mhhh", "ehm".."direi..si..", i "puo' essere maaaa..". Minuti lunghi, ma non come ad un esame in cui ti aspetti un voto. La sua riflessione corrispondeva alla tua, mentre lui pensava ti trovavi a pensare anche tu, a rivedere e a mettere in crisi la stessa foto che gli stavi proponendo. 

Parlavamo di vita, e poi ci metteva la fotografia e li ad ascoltare in silenzio. A dire la tua che per lui non era mai una cazzata. 

Metafore, sempre. La carrozzina di Zanardi, riaprire il set per fotografare i segni lasciati sul limbo bianco. 

"Sei sul set dall'inizio alla fine". Pure nella vita Efrem, lo scrivo sempre. Un incubatore in cui metterci ciò che puoi. A fare la tua parte. 

"Non mollare mai lo sguardo". E guardati pure le spalle. Perchè a volte, nella fotografia come nella vita, conta il risultato e non tanto l'intenzione. O meglio, credo che il nostro risultato sia perlomeno accorciare il più possibile ciò che vorremmo e ciò che produciamo. ridurre il gap tra chi cerchiamo di essere e chi "disgraziatamente" siamo. Il ritratto più vicino a ciò che ci riguarda, più lontano possibile dal compiacimento. 

E tutto ciò che ci riguarda "avviene nel mirino della fotocamera". Ci serve un pò di ego, forse un ego pure grosso. Decidiamo cosa inquadrare e cosa lasciare fuori. Ci prendiamo la responsabilità di intercettare ciò che ci riguarda. E pure come ci riguarda. "E cazzo se ci riguarda"!

Per come la vedo io la fotografia è la metafora della vita, che cerco di declinare affine per come vorrei essere. Che è un compromesso di come sono e del "sogno" che ho di me.  Di più non mi posso permettere, non sono un fotografo ma "faccio fotografie". Cerco di imparare e modulare un linguaggio, cosi come faccio mettendo in fila i pensieri tradotti in queste righe. 

Efrem invece è stato un fotografo, un grande fotografo. Il fotografo di cui ricordo moltissime immagini, di cui quasi quotidianamente cerco qualche informazione. In lui, nelle sue fotografie, tutto collima. Collima con ciò che Efrem è stato e ha rappresentato. 

In un incontro di Isozero a Rimini, si parlava di editing. In una specie di pausa di riflessione di tutti, gli faccio una domanda su un tema molto importante per me, che tendo a finalizzare o capire almeno il fine delle questioni. " Come la vedi la fotografia del futuro, come si emerge?". Alla domanda seguì un silenzio, non posso dire lungo o breve, ma di certo un silenzio che ci ha portato nel vuoto. E dopo un tempo indefinito, " Non lo so proprio, forse il futuro sta nell'autorialità. Nel raccontare te stesso. Si...Si...penso proprio stia nell'autorialità". "Ficca il dito nella piaga".

Mi hai lasciato un sacco di feticci pure. Il Knob, bourbon che mi hai descritto come uno tra i migliori. Io e te abbiamo bevuto solo Jack Daniel's, perchè dove eravamo non c'era altro di meglio.

Le Lucky Strike rosse morbide, le stesse di Vasco. E scopro, ieri, le stesse di Araki. Su cui torno dopo.

I Clash, oltre alla tua foto di Strummer. Proprio la tua conoscenza del punk e dei Clash. E dei Ramones. 

Io sono un rocker, non un punk. Ma ci capivamo bene, a riguardo. E pure la differenze di genere le sentivamo. Ma sentivamo anche le assonanze di genere. Un linguaggio diverso a descrivere lo stesso punto di vista. Un modo diverso di arrivare allo stesso punto. 

Tu hai messo su Pet Semetary durante un incontro, io ti ho chiesto Tommy Gun. Ho parlato la tua lingua a modo mio. E un sorriso l'hai mollato. 

Il flash. Il tuo schema. Contrapposto alle luci fisse come un vinile si contrappone all'MP4. Beh Efrem, ci sto provando, ma il mio 400W ha preso fuoco. Mi sa che non ci siamo, ma ci riprovo.  

Le telefonate. " ho solo 15 minuti,scusami..", per chiudere dopo due ore almeno. Pure le sigarette fumate al telefono. Io in ufficio, tu in terrazzo. 

Le tue frasi. "In fotografia non esiste la verità". Nemmeno nella vita Efrem, esistono solo punti di vista. E alibi aggiungerei, per chi un punto di vista non ha. E te ne accorgi, per i passi che non fa, per le parole che non dice. E pure per le foto che non fa. Chi non ha punto di vista può solo criticare il tuo. 

"Sottrazione è la parola d'ordine". 

"Il tuo mondo accade nel mirino". 

"Il ritratto non è un riassunto, è un frammento. Eterno"

" Se devi copiare copia Avedon. L'ho copiato pure io" 

"Sono un fotografo, vivo di contraddizioni e fermo il tempo". Witman l'aveva scritta pure lui. "Mi contraddico? Benissimo, allora mi contraddico, (sono immenso, contengo moltitudini).” 

Manchi tanto Efrem. 

Ci sono linee di demarcazione nella vita. E non sono mai belle. O almeno le mie, si formano a seguito di eventi dopo i quali non sono lo stesso di prima. Ogni linea di demarcazione porta un volto. Di una donna, di un uomo, di un bambino, di un animale. Ma sempre un volto. Tutti noi cerchiamo noi stessi nell'altro? 

Non credo. Alcuni di noi non cercano se stessi, anzi guardano proprio dall'altra parte. E nell'altro cercano conforto, contrapposizione, ruolo. 

L'importanza dell'Altro coincide con l'importanza per noi stessi. La relazione che creiamo con l'Altro, viviamo di questo.  Il confronto con noi stessi, la vertigine che proviamo, l'apnea dello scatto. Tutto ciò ci deve riguardare.

Mi hai detto due cose alla fine della corsa. 

"Scopri Araki, usava la Ricoh pure lui.." ( e la scelta di usare la Ricoh l'avevi presa con un sorriso di quelli che vanno capiti)

"Inizia a fotografare le donne, perchè non lo fai?"

Sai cosa sto scoprendo Efrem? Che più ti avvicini a te stesso più le cose si complicano mentre si semplificano, e poi cambi. E allora ti ricerchi da dove eri arrivato. E' una ricerca continua, che però ad ogni pietra miliare in cui ti fotografi lasci un segno del tuo passaggio. E lo stesso fai quando fotografi qualunque cosa. Sei tu nella foto, e quello è il tuo passaggio nella vita. 

"Ficca i dito nella piaga"

 

( Nota a margine. Mi sono reso conto rileggendo di alcune parti non corrette, inizio parlando "di" Efrem e chiudo parlando "con" Efrem. Lascio com'è, non è un testo dotto, ma la mia testimonianza seppur frammentaria e relativamente breve, ma intensa, di un uomo che ho conosciuto.)


Fuji x100v, 35mm.

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Commenti

  1. "certi uomini hanno uno spessore che li rende scomodi.Scomodo è un valore aggiunto.Lasciare un segno del passaggio"

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