Quando scatti sei solo. ( parte 1)




 Uso la fotografia come metafora della vita. Di chi sono, di cosa faccio, di come lo faccio. In definitiva, il modo più onesto di vivere è vivere per quanto più possibile come sei. Di conseguenza nella vita non puoi fare altro che parlare di chi sei. E per sapere chi sei dovresti fare una cosa semplice. Partire da cosa fai. Senza grosse interpretazioni. Cosa fai? Cosa faccio? Dalla mattina alla sera, per la maggior parte del tempo. 

Quella roba la' in fondo racconta chi sei, e fino ad una certa età, dall'adolescenza, quello che fai è per diventare ciò che vorresti essere. Il vorresti poi tenti di farlo diventare vuoi. Avvicinare chi vorresti essere a chi vuoi essere.

C'è un piccolo problema. Che fino a vent'anni pensi di cambiare il mondo. Poi scopri che le cose si complicano, e inizi a resistere al mondo che vuole cambiarti. Pure il modo in cui ti incazzi cambia. 

Terza fase. e riassumo. Studi per capire chi vorresti essere. Poi provi a diventare ciò che vuoi essere. Infine, persa un po' la rotta al canto delle sirene, varie, che ti vorrebbero a modo loro, lotti per accorciare la distanza tra chi sei e chi vorrebbero tu fossi. Ci provano tutti, i genitori, la scuola, il capo al lavoro ( e tutti abbiamo un capo, un padrone, e prima lo si accetta e meglio si modula la vita - ma qui ci sarà un capitolo a parte), le compagne/i, la compagnia delle bollette, gli algoritmi dei social. Insomma, pensiamo di fare ciò che vogliamo, ci definiamo liberi mentre la libertà è un'utopia ma può e deve essere una tensione. Tendere alla libertà, che credo significhi saper stare nelle righe per potersi permettere di starne un pò fuori a volte. Saper guidare quel tanto fuori strada da poter rientrare nella carreggiata.

Ma poterselo permettere ha una necessità di partenza. Conoscere molto bene le regole. 

Nella foto sopra, saper fare una foto a fuoco per farne una fuori fuoco. 

Insomma, fai una becera lista di ciò che spesso hai fatto negli ultimi 5 anni, dalla mattina alla sera. Le azioni che più hai compiuto, le prime che ti vengono in mente. Ad esempio, ti alzi per andare al lavoro. Ci passi 8/10/12 ore al giorno. Quindi, volenti o nolenti, fai quella roba la. Sei ciò che fai, in definitiva. E pure questo prima lo accetti e meglio è. Puoi cambiarlo, puoi tentare di cambiare rotta, accorciare una distanza. Ma non puoi negare chi sei, in ciò che fai. 

Non sono un fotografo, ma faccio foto. Rispetto e invidio chi ci vive, chi ci mangia e chi ci mantiene i figli. Per le difficoltà che sono certo affronta. Io non lo faccio, e ciò aumenta il rispetto per chi lo fa. Per me resta una passione.

Tanti anni fa, 40 su per giù, una porta scorrevole mi ha fatto incrociare la scelta tra la fotografia e altro. La mia volontà era certa. Come mi volevano mi ha portato altrove. Poi ho solo accorciato la distanza. Non ne avevo la forza allora, non ne ho la forza adesso. Allora per le mie difficoltà emotive, ora per le scelte che ho fatto e che rendono la ruota del criceto una piccola prigione in cui mi ci sono messo da solo.

Continuo a fare foto. 

E cerco di capire perchè io non sia un fotografo. 

Una cosa ho imparato in questi anni, cioè che le posizioni della vita corrispondono sempre a chi sei, e alle scelte che hai fatto. E nella mia posizione, spesso mi sento solo al comando. con la responsabilità di chi confida, diffida, sostiene o intralcia, ma di certo ne subisce le conseguenze. Fai in modo che siano buone. Ci provi. 

In impresa o nella fotografia, cerca di attorniarti dei migliori collaboratori, e nei loro campi devono essere più bravi di te. 

Ma il click, la decisione, quella roba la, sono cazzi tuoi. 

E li, al click, sei solo. 

Applausi, sipario.  


27/04/2024

Stessa foto fatta in reparto dopo essere “morto” o dato per tale per qualche ora, quando ho ripreso la macchina fotografica in mano 



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