Ripartenze

 

Ripartenze.

 

 

Noi siamo da dove veniamo e diventiamo dove vogliamo andare. Sapendo, nella migliore delle ipotesi, dove vogliamo andare, l’unico segreto è quello di iniziare a camminare. Senza trucchi da quattro soldi, che il suono del tuo passo o lo senti o non stai camminando.

Si legge molto del “ripartire”, nell’ultimo decennio sembra un mantra assieme al dramma dell’empatia di cui magari un giorno ragioneremo.

Dopo la crisi industriale del 2010 e anni a seguire, l’illusione di una stabilizzazione e poi la pandemia, la covid-era.

Interi comparti, vite e mestieri di fronte al cigno nero. Vite in qualche modo costrette a difendersi per poi riprogettarsi.

E la fotografia allo stesso modo. Qualcuno dice che la fotografia sia morta, quel qualcuno non sa nemmeno cosa stia succedendo. Al mondo siamo in 7.5 miliardi, e prendendo il solo 2022 il numero di fotografia generate corrisponde a 190/foto per essere vivente. In un solo anno. La fotografia è più viva che mai.

Siamo costretti (per quanto mi riguarda una fortuna) ad un ripensamento, ad una ripartenza.

Leggiamo quotidianamente post di fotografi talmente terrorizzati da lamentarsi ed inveire contro i “nuovi fotografi”, magari senza partita Iva che scattano gratuitamente ad un matrimonio di un amico o ad altri eventi “per fare esperienza”.

Possono farlo? Si, possono. Si può fotografare gratuitamente e ci si può pure incazzare con chi lo fa. Ma a cosa serve? E soprattutto, dove porta? A mio avviso da nessuna parte.

Nessun lavoro finisce, nè “sparisce”. Cambia, si trasforma.

Scomodiamo de Lavoisier e la legge della conservazione della materia ( nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma) per dire che il nostro tempo prevede una rimodulazione, un nostro nuovo modo di indagare. La nuova ricerca di una collocazione anche.

Che fine vogliamo far fare alle nostre fotografie? 0,5 secondi di visualizzazione oppure cerchiamo di immaginare un nuovo “dove?”

E soprattutto, la prima domanda che i grandi fotografi che ho conosciuto hanno sempre messo al primo posto. PERCHE? Perché fotografi?

 

E perché non parliamo di Dall-e, e di AI in generale? Sembra per molti il nuovo demone da combattere, a suon di ragionamenti sulla qualità insuperabile dell’analogico e della necessità di usare una polaroid di 40 anni fa per scattare una foto che possa definirsi tale.

 

Sembra un ricorso storico. Il 19 agosto 1839 un signore di nome Niépce ci provò con  Vista dalla finestra a Le Gras. Una ricerca e studio di una vita culminati con l’inizio di una rivoluzione tecnica e culturale. Per altri, ad esempio i pittori, una buffonata inutile, destinata a durare un battito di ciglia.

E tutti sappiamo come sia andata. Un dato, 1 miliardo di utenti Instagram al mondo, 25 milioni in Italia.

Ripartire è un obbligo, ridisegnare l’anno 0. (Punto) 0.

Ridisegnare il nostro road book, punti fissi i nostri maestri, la grande fotografia di ogni tempo.

Avedon, Newton, Araki, Toscani, Frank, Newman, McCullin, Koudelka a me cari.

Il resto studiando e anche un po' improvvisando.

Chiedendosi sempre il perché ad ogni foto, guardando i cambiamenti con curiosità e fotografando pure quelli. Portandosi dietro tutti i film visti, tutti i libri letti, tutte le persone conosciute, tutti i ricordi e pure i sogni.

Ma non puntando i piedi.

 

Per quanto mi riguarda la fotografia è una metafora della vita. Fotografiamo per chi siamo, e se bluffi, te ne accorgi. 

 

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