L’immagine non può morire. La fotografia nemmeno. Ma men che meno l’evoluzione .


 “La fotografia è morta” lo dicono in tanti. Lo leggi ovunque. Più o meno da conservatori di sapienza tecnica e fotografica, datati anagraficamente e incapaci di evolvere. Con paura o inconsapevolezza ideologica. Oppure anche dai giovani, che da quelle basi hanno imparato o stanno imparando, ma si illudono che sia tutto lì. Beh, volenti o nolenti non è tutto lì. C’è ben di più. Scopri immagini in Dell-E o Mindjourney favolose. Non sono fotografia, ma “hanno studiato” dalle fotografie e sono orientate e alimentate da tutti noi con le nostre fotografie. . Partono da ciò che l’uomo ha fatto, e lo evolvono. Ci piace? A me non molto, ma non so bene perché. Ma in fondo evidentemente piace, altrimenti non esisterebbe. L’immagine non morirà mai, e nemmeno la fotografia. Non è morta nemmeno la camera oscura, resta una nicchia per nostalgici e’ vero, ma se vuoi la puoi costruire. Esistono anche i tutorial per farlo. Ma serve? La sua filosofia certo che serve, il suo utilizzo credo serva un po’ meno. Ma se vuoi la puoi usare, basta evitare poi di decantare la sua “purezza” a sfavore di Ai varie. Perché l’ai, gli utilizzatori di Ai, i loro clienti, quella velocità di risposta, purtroppo se ne fregano. Uno dei punti focali da mettersi via è questo, che il mondo va avanti e se ne frega. Camera oscura vs digitale e’ ancora un tema caldo di discussione mentre conosciamo quotidianamente gente che genera immagini come un pittore o un fotografo ma spesso molto meglio. MEGLIO come efficacia commerciale dico, semplicemente sono un’altra cosa. Il pittore dipinge, il fotografo fotografa, il generatore di immagini in AI, anch’esso uomo, immagina, scrive e genera. Si tratta proprio di un’altra cosa di non occuparsi se non vogliamo. Ma andare a caricare una rivolta tra fotografi e generatori di immagini mi sembra una battaglia senza senso. 

Uno dei problemi focali per quanto mi riguarda resta l’ output, il mercato. Spietato peraltro perché se ne frega sopra tutti e tutto. 

E allora mi si sparano dentro le parole di qualche anno fa di Efrem Raimondi, “quando fotografi parlami di te. Mostrami il tuo mondo sennò che cazzo vuoi mostrarmi”. E poi di Toni Thorimbert, che quel mio mondo mi ha indirizzato a mostrare. Non cosa, che quella è roba mia, ma come. E li e’ tutta luce, e sono cazzi tuoi. 

Voglio dire, trova il tuo modo e fregatene del modo degli altri. Ognuno il suo tanto le tue foto sono tue. Il tuo mondo è li davanti a te, non puoi alterarlo in ai. La realtà tua è sul tavolo della tua cucina. Fanne pace. Se vuoi cambiare mondo sposta le posate, apri la tapparella. Nessuna ai può cambiare il tuo mondo. Se non glielo lasci fare. E allora la tua foto del bancone della tua cucina sei tu. 

E lasciati in pace. 

Se ci pensi, ce l’hai con una ai che non ti chiede niente. E che soprattutto se ne frega di te. 

Ho scritto sta cosa leggendo “realismo capitalista” di Mark Fisher. “E’ più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. 

Parafrasandola in chiave post atomica, “anche la fine del mondo avrebbe la sua immagine e potremmo fotografarla vicino ai bottini dell’ immondizia, o scriverla e lasciarla disegnare a una Ai. Se penso alla fine del capitalismo un’immagine, già fotografata o da disegnare, in mente non mi viene”. 

Lasciatevi in pace, e fate ciò che potete. 

Usate gli strumenti con la vostra visione etica, quelli sono strumenti, la vostra etica siete voi. 


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