Tabula rasa


 2. fig. Essere una tabula rasa, essere del tutto privo di cognizioni, di preparazione in un dato campo, o anche avere la testa vuota.


Si legge che i bambini lo siano. E da questa evidenza emerge la nostra responsabilità da adulti. I loro “perché” a volte curiosi a volte voraci, e le nostre risposte troppo complesse oppure improvvisate. La loro, mediamente, perplessità. 
Prepararsi ad affrontare una situazione o una parte di vita come una tabula rasa penso sia molto difficile. Una volta riferendomi a me stesso dicevo “vedere le cose di nuovo con gli occhi di un bambino”. O ancora “ un bambino che gioca con un pezzo di legno”, inventando storie. Facendo diventare quel pezzo di legno una molteplicità di cose o persone. 
Tabula rasa. 
Dimenticare come facevamo le cose ieri per imparare a farle oggi. Pensare che i “bei tempi” erano diversamente belli ma lo sono anche oggi, a meno che oggi non lo siano in virtù di quei “bei tempi”. 
Forse erano più facili per certi aspetti, ma se ci pensiamo all’epoca non li percepivamo come più facili. Perché mentre vivi non lo puoi sapere. Lo puoi capire dopo, e se pensi di saperlo prima probabilmente hai messo in moto tutte le paure e i pregiudizi che hai. Attaccarsi al passato non serve a nulla, portarsi dietro le lezioni invece e’ utile. Alcune rivoluzioni portano ad una nuova umanità, ad un nuovo modo di pensare. Alcuni nuovi modi di pensare invece hanno come conseguenza una rivoluzione. 
Mark voleva conoscere qualche amico nuovo nel 2004? Eccoci nel 2024. Evidentemente, e mi arrendo, bramavamo Mark. Sennò, banalmente, non ce ne saremmo occupati. 
Io stesso sto scrivendo su uno schermo da 5 pollici circa, e se lo facessi su carta con la stilografica sarebbe la stessa cosa ma solo, inutilmente, più lungo come processo. 
Un momento démodé ci sta, pure romantico se vogliamo, ma l’efficacia non so quanto possa risentirne. Ovvio che se penso a Hemingway, alla Fallaci, a Avedon..se andiamo indietro di 50 anni o più ti confronti più agevolmente con ciò che maneggi meglio. Ma, notizia brutta, possiamo confrontarci solo con la contemporaneità. Oggi, per domani. Che già dopo domani è troppo in là. L’orizzonte è fondamentale, ma lo strumento è ciò che hai oggi. Da dove vieni conta molto, ma è ciò che sei, oggi, con il suo orizzonte, ciò che diventi. E meglio ancora se è ciò che VUOI diventare. 
Allora tabula rasa. 
Ricomincia. Pulisci, annota i fondamentali. Fissali, e poi dimenticali. Tanto i fondamentali sei tu, ma metterli in riga può fare bene. 
La tabula rasa può essere una nuova vita. Un luogo, una serata, un incontro. Lo è se ridisegna il tuo sistema solare, se fa brillare un sole e tutti i pianeti si ridispongono. Naturalmente, o come dicevo qualche giorno fa, per forza. Ma non puoi, e non devi, farci nulla. Persone usciranno e persone entreranno, luoghi avranno valore assoluto altri luoghi diventeranno deserto. 
Tabula rasa.
“Avere la testa vuota”. Rivivere. E se hai culo e se stato avveduto hai ancora le gambe buone. 
Un fabbricato può essere una tabula rasa. L’ho chiamato cosi. 
Il concetto in fotografia me l’ha dato Efrem Raimondi, in quel troppo poco tempo concesso per conoscerlo. Il libro di Isozero, Tabula Rasa. Così ti voleva. Daccapo. Tutto da scrivere. 
Quel fabbricato è tutto da scrivere. Ma come la fotografia anche lui è un escamotage, devi riscriverti tu. Mi riscrivo io. 


Traccia i limiti. Fissa i confini. E riscriviti. 

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